Meditazione breve sul dire e il fare

Institutional Communication Service

26 May 2010

Claudia Caffi sarà la protagonista del prossimo appuntamento con "Qui e ora. Accedere al presente attraverso la letteratura e le arti", la serie di conferenze organizzate dall'Istituto di studi italiani in collaborazione con il Dicastero Giovani ed Eventi della Città di Lugano. La lezione, intitolata "Meditazione breve sul dire e il fare" avrà luogo il 2 giugno 2010, alle ore 15:00,  nell'auditorio del campus di Lugano.

Il ciclo di lezioni è dedicato ai giovani che seguono il programma di orientamento professionale organizzato dal Dicastero, ma è aperto anche tutto il pubblico interessato. Claudia Caffi è professore ordinario di Glottologia e Linguistica, titolare della cattedra di Linguistica Applicata presso l'Università di Genova e docente all'USI.

Sintesi della conferenza "Meditazione breve sul dire e il fare", prof. Claudia Caffi

"La mia conversazione prende titolo e spunto da un saggio di Carlo Emilio Gadda, apparso nel 1937 sul numero I di "Letteratura". In quello splendido testo Gadda, tra le altre cose, se la prende da par suo con "la parlata falsa", il vaniloquio, il dire vuoto, senza contenuti, che riduce la parola a "un guscio, senza più il lumacone di dentro".

La meditazione sul dire e il fare che intendo condurre si articolerà in tre momenti. Eccone il nocciolo:

  1. Il dire è un fare. Se così è, se il nostro dire è un agire, deve essere un agire efficace. 'Efficace' significa 'adatto alle circostanze'. Un paio di millenni prima della pragmatica attuale, la retorica classica assegnava un ruolo cruciale al concetto di appropriatezza (il decorum, la misura) e a quello, omerico e pitagorico, di politropia (Ulisse, dice Omero, è sapiente perché sa parlare in molti modi).
  2. 'Adatto alle circostanze' significa 'adeguato rispetto a un qui e ora'. La presa di parola in un 'io-qui-ora', la triade deittica, fonda la soggettività nel linguaggio (il grande linguista francese Emile Benveniste ce lo ha insegnato): prendendo la parola ciascuno di noi diventa l'origine, il punto zero di un sistema di coordinate spaziali e temporali. Come sostiene il filosofo del linguaggio Karl Bühler in una difficile opera del '34, alcune parole di una lingua naturale sono segni indicali, cioè segnali di orientamento che il parlante offre all'ascoltatore per comprendere il suo dire. Tra queste parole, i segni indicali, come cartelli stradali che aiutano a non perdere la strada, il filo dei discorsi e dei testi, sono di importanza vitale il 'qui' (deissi spaziale) e l''ora' (deissi temporale).
  3. Gli stessi segnali di orientamento, dunque il 'qui' e l' 'ora', possono funzionare non solo in uno spazio-tempo condiviso, in un campo percettivo comune a parlante e destinatario, ma anche, sia pur peculiarmente, in uno spazio immaginario, ad esempio in un universo di finzione narrativa. Alcuni brani da Il cavaliere inesistente di Italo Calvino serviranno a illustrare questo punto.

Attraverso queste riflessioni vorrei mostrare che il dire è fare efficace quando considera l'alterità: il 'non-io', il tu; il 'non-ora', la storia, individuale e collettiva; il 'non-qui', l'altrove, l'altro mondo, reale o possibile."

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