Amarcord sbarca all'Accademia

Institutional Communication Service

4 October 2010

All'Accademia di architettura di Mendrisio (Università della Svizzera italiana), nell'ambito del ciclo di proiezioni pubbliche organizzate ogni mercoledì dalla cattedra di "Stili e Tecniche del Cinema" diretta da Marco Müller, mercoledì 6 ottobre 2010 è la volta del film Amarcord (1973) di Federico Fellini.

  • Interpreti: Bruno Zanin, Pupella Maggio, Armando Brancia, Magali Noël, Ciccio Ingrassia, Nando Orfei  
  • Scenografie e costumi: Danilo Donati  
  • Fotografia: Giuseppe Rotunno  
  • Sceneggiatura: Federico Fellini, Tonino Guerra  
  • Durata: 127'    

Con Amarcord, un film che non è assolutamente identificabile con la dimensione della nostalgia, il cinema di Fellini raggiunge la quasi completa oggettivazione del mondo dei ricordi. A dispetto del titolo, infatti, qui non c'è un vero io che ricordi, non c'è dunque una situazione che possa avere come contrappasso il rimpianto di un tempo perduto.  Il passato è dapprima carico di una connotazione inquietante e poi messo in scena come un vero e proprio catalogo di situazioni, una quadreria che vanta una serie di straordinarie ambientazioni: "il film", ha spiegato il regista, "è nello stile dei fumetti, quadretti fissi dove la macchina da presa fa il minimo dei movimenti".

La ricchezza del dettaglio scenografico, la precisione dei costumi (tutto è firmato dallo straordinario Danilo Donati) non diviene mai gusto fine a se stesso per la riproposizione del passato. Anzi, proprio quando sono presenti elementi tipici della retorica cinematografica rétro (l'associazione con l'infanzia e con il passare delle stagioni), questi fanno risaltare lo straordinario valore critico del film. Fellini non si abbandona alla nostalgia, non utilizza il passato come repertorio di immagini; ci mostra invece la prossimità a un'anima che il fascismo rappresenta psicologicamente e iconograficamente. Quello che lo interessa è la ricerca del referente storico delle immagini archetipiche, la divertita constatazione di come il dettaglio storico e scenografico, anche il più risibile, può diventare archetipo. È il sogno dell'anima di un paese attraverso un periodo che lo ha rivelato a se stesso.  

Sinossi  

I ricordi di Titta, cresciuto a Borgo tra il 1930 e il 1935. Suo padre Aurelio è un piccolo impresario edile perennemente in discordia con la moglie Miranda. Zio Pataca vegeta alle spalle dei parenti. Zio Teo è ricoverato in manicomio. Il nonno si gode egoisticamente una salute di ferro, non trascurando di prendersi delle libertà con la domestica. Dal grigiore provinciale emergono altri personaggi: Gradisca, una procace parrucchiera; Volpina una ragazza un po' scema e priva di freni inibitori; una tabaccaia mastodontica; un avvocato dalla retorica facile e magniloquente; Giudizio il matto; Biscein il ballista; il motociclista esibizionista. Anche il mondo della scuola, della chiesa e delle feste fasciste, delle celebrazioni folcloristiche rivela una sua galleria di tipi strambi. Intanto, le stagioni trascorrono inesorabili, scandite dal cadere della neve o dalle "manine" staccatesi dai primi fiori primaverili.   

La proiezione è aperta al pubblico e gratuita. Prenderà avvio alle ore 20.30 e si svolgerà nell'Aula Magna dell'Accademia, al pianterreno di Palazzo Canavée (Via Canavée 5, Mendrisio, Svizzera) con commento di Marco Müller.    

Press Office 
Amanda Prada, Responsabile comunicazione e conferenze, Accademia di architettura di Mendrisio T +41 (0)58 666 58 69, [email protected]

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