L'arte della conversazione e le sue metamorfosi nella civiltà europea di Antico Regime. Attualità di un modello?

Institutional Communication Service

14 April 2010

Lunedì 19 aprile 2010, alle ore 18:30 nell'aula A11 del campus di Lugano, avrà luogo una serata pubblica organizzata dall'Istituto di studi italiani dell'USI che vedrà protagonista Benedetta Craveri, professore ordinario di Letteratura francese presso l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. La professoressa  Craveri - che tra le sue molteplici attività collabora regolarmente alle pagine culturali de La Repubblica - terrà una conferenza intitolata "L'arte della conversazione e le sue metamorfosi nella civiltà europea di Antico Regime. Attualità di un modello?".

La professoressa Craveri si propone di ripercorrere i momenti fondatori di quell'arte della conversazione che nel corso di tre secoli, dalla fine del Quattrocento fino alla caduta dell'Antico Regime, si è imposta come connotato distintivo dello stile di vita delle élites europee. Partirà dal modello umanistico italiano così come si è andato elaborando attraverso la riflessione di Pontano, che col suo De Sermone (1499) inaugurava la riflessione europea sulla conversazione come forma del vivere civile, per poi ricordare l'impatto suscitato dai successivi tre grandi trattati pedagogici del Rinascimento, Il Libro del Cortegiano di Baldesar Castiglione (1528), Il Galateo di Giovanni della Casa (1558) e La Civil Conversazione (1574) di Stefano Guazzo. Scritti in italiano e subito tradotti in varie lingue, questi testi diffondevano il Europa il codice di comportamento -il know how diremmo oggi- del gentiluomo moderno. Agli inizi del XVII secolo era, però, la Francia a far suo il modello italiano, copiandolo, interiorizzandolo, adattandolo alle proprie esigenze e conferendogli un carattere nuovo e originale. Fino ad allora il dibattito teorico sulla conversazione e le maniere del vivere civile era stato appannaggio di grandi umanisti e il loro insegnamento, al di là delle caratteristiche contingenti delle piccole corti italiane a cui l'uno e l'altro trattato facevano riferimento, si voleva universale. In Francia, invece, l' "ideale forma del vivere" da prendere a modello non procedeva dall'alto ma si elaborava via via all'interno stesso delle élites mondane, per poi imporsi come tratto costitutivo del carattere nazionale. Per la prima volta, nella storia della civiltà occidentale, tutta una società si guardava allo specchio, si studiava, si analizzava e rifletteva in modo sistematico sul proprio apparire e sui problemi della comunicazione, facendone l'elemento distintivo della propria identità. La posta in gioco era un'arte della parola capace di stemperare l'aggressività, favorire il consenso e la coesione sociale attraverso uno scambio armonioso. Un'arte capace di uniformare e al tempo stesso di distinguere, come pure di produrre svago, piacere, informazione, cultura. È precisamente da questa riflessione collettiva che prendeva forma la conversazione à la française che, per la molteplicità delle sue funzioni, doveva imporsi come il rito centrale della società aristocratica di Antico Regime. Il proposito della professoressa Craveri non sarà di evocare in tutte le sue molteplici sfumature il complesso corpo di regole che  hanno connotato quest'arte della conversazione e ne hanno fatto l'emblema di tutta una civiltà, ma di vedere se quest'arte effimera della parola legata a un mondo -quello dei privilegiati- definitivamente scomparso con la Rivoluzione francese, abbia ancora qualcosa da insegnarci.

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Benedetta Craveri è professore ordinario di Letteratura francese presso l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Ha studiato la letteratura, la società e le istituzioni letterarie nella Francia del Grand siècle. Le sue numerose pubblicazioni sono state tradotte in francese spagnolo, tedesco, rumeno, polacco, greco, portoghese e inglese. Si ricordano, ad esempio, presso Adelphi, Milano, Madame du Deffand e il suo mondo, 1982; La civiltà della conversazione, 2002; Amanti e regine. Il potere delle donne, 2005; Maria Antonietta e lo scandalo della collana, 2006 e, presso l'Editore Dadò, Lugano, il suo saggio introduttivo ai Dieci anni d'esilio di Mme de Staël, 2006. Per le sue pubblicazioni ha ricevuto molti prestigiosi premi fra cui il Premio Cesare Angelini dell'Università di Pavia, il Premio città di Pisa, il Premio Elsa Morante per la saggistica, il premio Italiquese, il Premio Isaia Berlin, il Prix Saint Simon e il Prix du Grand Mémorial. Tra le sue molte attività collabora alle pagine culturali de "La Repubblica", a "The New York Review of Books" e alla "Revue d'Histoire Littéraire de la France".

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