Romeo Castellucci all'Accademia di architettura

Servizio comunicazione istituzionale

17 Marzo 2014

Negli ultimi anni sempre più si indaga sul rapporto tra l'architettura e le altre arti, segno di una ritrovata vitalità nella riflessione e nella messa a fuoco di campi di intervento trasversali.

Il rapporto con le arti dello spazio scenico (cinema e teatro in primo luogo) si presenta come momento di apertura e di arricchimento. Nella relazione con quelle discipline la pratica architettonica si rivela e riattiva i suoi principi all'interno dei loro sistemi. L'architettura si trova oggi di nuovo in una fase di transizione e di ridefinizione a tutti i livelli e per questo motivo, in questo stadio, forme di interscambio con altri insiemi potranno assumere un ruolo sempre più importante. Lavorare per allestire lo spazio scenico significa oggi lavorare in architettura, in un rapporto costante fra corpo, oggetto e spazio, fra modello e realizzazione.

 

Cos’è lo spazio scenico? È l’allestimento di uno sfondo per una narrazione e dei soggetti o una parte essenziale di un discorso teatrale? In quali rapporti sta lo spazio scenico con l’opera in cui si inserisce e con il luogo architettonico nel quale è inserito? A queste e ad altre domande l’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana risponde con Romeo Castellucci all’interno di un ciclo di cinque conferenze pubbliche dedicate al rapporto tra pratica architettonica e arte scenica. La serie di incontri è nata dalle riflessioni congiunte di Marco Della Torre, Marco Müller e Régis Michel.

 

Romeo Castellucci (1960) è uno dei protagonisti della ricerca teatrale contemporanea, noto in tutto il mondo – i suoi lavori sono stati presentati in più di cinquanta nazioni – come figura di riferimento di un teatro fondato sulla totalità delle arti e rivolto a una percezione integrale. Le sue regie, infatti, propongono linee drammatiche non soggette al primato della letteratura, facendo del teatro un’arte plastica, complessa, ricchissima di visioni. Questo ha sviluppato un linguaggio comprensibile come solo possono esserlo la musica, la scultura, la pittura e l’architettura. I suoi lavori vengono regolarmente invitati e prodotti dai più prestigiosi teatri di prosa, teatri d’Opera e festival internazionali.

Nel 2005 Castellucci è nominato Direttore del Settore Teatro della Biennale di Venezia per il 37. Festival Internazionale. Nel 2007 ricopre il ruolo di “artiste associé” della Direzione artistica del Festival d’Avignon per la 62a edizione (2008), dove presenta l’imponente trilogia Inferno, Purgatorio, Paradiso ispirata alla Divina Commedia di Dante. Trilogia che il quotidiano “Le Monde” elegge “migliore spettacolo teatrale ed evento culturale tra i dieci più influenti del decennio 2000-2010 nel mondo”.

Nel 2010 è l’ “artista invitato”  del Tokyo Festival, dove realizza The Phenomenon Called I. Nel 2013 è invitato dalla Schaubhüne di Berlino a produrre Hyperion di F. Hölderlin.

Numerosi i premi e le onorificenze ricevute, fra cui il Leone d’Oro della Biennale Teatro 2013, con questa motivazione: “Per la sua capacità di creare un nuovo linguaggio scenico in cui si mescolano il teatro, la musica e le arti plastiche. Per aver creato mondi in cui si arriva all'eccellenza della rappresentazione di stati onirici, che è forse la più bella affermazione che si può fare del fatto teatrale…”

A Romeo Castellucci è dedicata in questi mesi a Bologna una specialissima “personale” che accompagna il conferimento della laurea honoris causa da parte dell’Università emiliana, intitolata “E la volpe disse al corvo. Corso di linguistica generale”. Corso di linguistica perché quello di Castellucci è un teatro sul linguaggio. - filo rosso che ritorna sempre, a partire dalle prime performance degli anni ’80.

È in questo contesto di elaborazione linguistica, chiave della riflessione teatrale di Romeo Castellucci,  e cioè nella ricerca di un linguaggio dello spazio prima ancora di quello verbale che si colloca l’architettura. Scrive Castellucci: “Trovo che l'unica funzione immediatamente sociale del teatro sia innanzitutto nell'architettura

che lo contiene, che comporta ogni volta, come effetto di rimando, l'instaurarsi di una comunità istantanea tra sconosciuti che condividono una sorta di ‘eucarestia’ estetica della sensazione”. In questo senso, l’architettura è una presenza necessaria e allo stesso tempo variabile. Una presenza che si è via via modulata partendo da una riflessione generale sullo spazio teatrale (nei primi spettacoli), fino ad arrivare a un tentativo di identificazione fra spazio della rappresentazione e spazio della città.

 

Romeo Castellucci

SCENOGRAFIA, architettura e spazio scenico

Giovedì 20 marzo 2014, ore 19.30

Aula magna

 

Accademia di architettura

Palazzo Canavée,

CH-6850 Mendrisio

www.arc.usi.ch

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