Un "modello negativo" dell'industria dell'industria idroelettrica. Il disastro del Vajont del 1963 nella conferenza di Maurizio Reberschak

Servizio comunicazione istituzionale

13 Maggio 2009

Un "modello negativo" dell'industria dell'industria idroelettrica. Il disastro del Vajont del 1963 nella conferenza di Maurizio Reberschak

Il LabiSAlp, Laboratorio di Storia delle Alpi dell’Accademia di architettura di Mendrisio (Università della Svizzera italiana), annuncia il quarto appuntamento del ciclo di conferenze pubbliche Usi e abusi delle risorse energetiche delle Alpi tra passato e presente. Martedì 19 maggio 2009 alle ore 20.00 sarà la volta di Maurizio Reberschak che terrà una lezione dal titolo Il disastro del Vajont 9 ottobre 1963. 1910 morti: il prezzo dello sviluppo?

La prima conferenza del ciclo, tenuta dalla professoressa Agnese Visconti, ha messo in rilievo i fattori che hanno spinto all’uso del legno e dell’acqua (conoscenze tecniche e necessità economiche) e le problematiche che ne sono derivate (deforestamento, cedimenti di dighe, conflitti di interesse tra centri urbani e periferia). Nel corso della seconda conferenza, tenuta dal direttore del Museo retico di Coira, Jürg Simonett, sono invece state proposte due letture dell’elettrificazione dell’area alpina svizzera, quella riguardante i risvolti economici e quella dell’impatto dell’elettrificazione sulla vita quotidiana della popolazione. Il professor Massimo Filippini ha poi affrontato, nel corso del terzo appuntamento, il tema della distribuzione dell’energia e dell’attribuzione di un valore economico dell’acqua proporzionale ai costi sostenuti dalle centrali. Esponendo al pubblico i criteri determinanti per stabilire il costo e il guadagno dello sfruttamento della risorsa idrica (variazioni del costo di ora in ora secondo l’intensità del consumo, tipologia delle centrali idroelettriche, importanza del capitale investito; oltre ai costi ambientali purtroppo non ancora considerati), Filippini ha presentato i nodi centrali attualmente in discussione per una riforma del settore elettrico in ambito europeo. Se il commercio energetico si svolge entro i confini europei per tramite della borsa europea dell’energia, in Svizzera la gestione delle risorse naturali (di cui i Cantoni restano proprietari) rimane di competenza dei Cantoni. In seguito all’aumento del prezzo del petrolio e al conseguente aumento del valore delle risorse energetiche alternative, si discute attualmente di aumentare il canone. Filippini cavalca però la tesi della necessaria ridefinizione del compenso da versare allo Stato con un canone d’acqua flessibile e dunque proporzionale alla rendita economica di ogni centrale. Con la definizione del reale valore dell’acqua e con l’introduzione di canoni flessibili, il Canton Ticino godrebbe di maggiori introiti economici.

Per il quarto appuntamento del ciclo, il Laboratorio di Storia delle Alpi invita Maurizio Reberschak, già professore di storia contemporanea presso l’Università di Padova e l’Università di Venezia. Membro di diverse istituzioni culturali tra cui l’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, collaboratore di numerose riviste e collane editoriali, Reberschak è in particolare autore e curatore de Il Grande Vajont (1983, riedito nel 2008) e del recente Il Vajont dopo il Vajont (2009).

Nel corso dell’incontro pubblico il professor Reberschak traccerà le tappe del disastro del Vajont – nel 2008 riconosciuto dall’ONU come una sorta di modello negativo” nella comprensione dei problemi della natura; dalla lunga e travagliata costruzione della diga del Vajont con forti aspettative per una buona resa elettrica dell’impianto (nel 1963 furono tra l’altro avviate le procedure per la nazionalizzazione delle imprese elettriche in Italia, con i relativi problemi di rimborsi sulla base patrimoniale dei beni), agli avvenimenti premonitori che suscitarono l’allarme nella giornalista Tina Merlin (ma non presso le autorità politiche o le aziende elettriche), alla strage con le sue pesanti conseguenze.

Il 9 ottobre 1963 la frana del monte Toc provoca lo spostamento idrico con una forza d’urto pari a due bombe atomiche di Hiroshima: scavalcando la diga che rimane integra (la seconda al mondo per altezza) distrugge i paesi sottostanti causando la morte di 1910 persone.

La tragedia del Vajont si protrae per anni, con processi penali e civili (conclusi con una transazione nel 2000) e con la ricostruzione dei paesi danneggiati.

La conferenza di Maurizio Reberschak Il disastro del Vajont 9 ottobre 1963. 1910 morti: il prezzo dello sviluppo? si terrà martedì 19 maggio 2009 alle ore 20.00 presso l’Università della Svizzera italiana a Lugano (Via Giuseppe Buffi 13, Sala A.11). L’ingresso è libero. L’incontro è promosso in collaborazione con il Terzo Festival della Scienza BaseCamp 09.

Informazioni

Amanda Prada, Responsabile comunicazione e conferenze, Accademia di architettura di Mendrisio tel. +41 58 666 58 69, [email protected]

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